IL PRETORE Sciogliendo la riserva presa all'udienza del 7 maggio 1997, O s s e r v a Con ricorso depositato in cancelleria in data 9 luglio 1996 Boschis Severina adiva il pretore del lavoro di Alba chiedendo condannarsi la USSL n. 18 di Alba al rimborso delle spese sostenute dalla ricorrente per un intervento chirurgico in casa di cura privata: lamentava la Boschis di aver gia' chiesto l'erogazione della somma in sede amministrativa e di aver ottenuto un rifiuto per mancanza di preventiva autorizzazione. A detta della ricorrente il rifiuto e illegittimo in quanto l'autorizzazione preventiva non era possibile per l'assoluta urgenza dell'intervento in pericolo di vita e il bene primario della vita non tollera condizionamenti di sorta. Si costituiva l'ente convenuto deducendo in primo luogo la carenza di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice amministrativo, essendo la domanda - volta ad ottenere una cifra superiore al limite massimo di rimborso parziale previsto dalla normativa in materia - diretta a tutelare un interesse legittimo; in secondo luogo l'USSL ribadiva la legittimita' del suo operato in quanto non esplicazione di un potere discrezionale amministrativo, ma atto vincolato alle previsioni di legge (la quale appunto prevede la necessita' della previa autorizzazione). Il pretore, ritenuta non manifestamente infondata l'eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, invitava le parti alla discussione all'udienza del 7 maggio 1997, alla quale la ricorrente rinunciava alla parte della domanda che eccedeva i limiti di rimborsabilita' vigenti. Il pretore si ritirava in camera di consiglio per la decisione sull'eccezione preliminare, che riteneva superata alla luce della parziale rinuncia fatta dalla ricorrente. Dovendo pertanto procedersi oltre nella trattazione della causa al fine di giungere ad una decisione nel merito, al giudicante si prospettava una possibile illegittimita' costituzionale delle norme da applicare; attualmente la materia dei rimborsi per prestazioni sanitarie erogate in forma indiretta e' regolata dalla legge statale 23 ottobre 1985 n. 595 che all'art. 3 comma secondo e terzo recita: "Le leggi regionali e provinciali stabiliscono quali fra dette prestazioni possono essere erogate anche in forma indiretta, nel caso in cui le strutture pubbliche o convenzionate siano nella impossibilita' di erogarle tempestivamente in forma diretta. Le medesime leggi stabiliscono pure le modalita' per accedere alle prestazioni per ottenere il concorso nella spesa sostenuta". La regione Piemonte ha poi provveduto a dare attuazione a tale normativa quadro con la legge regionale 23 aprile 1990, n. 37, la quale dispone: "E' confermata la possibilita' del ricorso all'assistenza in forma indiretta, con rimborso totale o parziale delle spese sanitarie sostenute da cittadini residenti in Piemonte ... La prestazione dovra' essere preventivamente autorizzata, su proposta del medico di base prescelto o dallo specialista ospedaliero nel caso di utenti trasferiti direttamente da ospedali pubblici, da sanitari incaricati formalmente dall'USSL di residenza del cittadino ...". La normativa e' stata poi ulteriormente specificata ed integrata con delibera della Giunta regionale e con successivi provvedimenti amministrativi. Il richiamo fatto dalla ricorrente alla legge n. 833/78 e successive modificazioni non e' conferente in quanto normativa generica ed anteriore, che deve intendersi pertanto abrogata da quella specifica e posteriore presa in esame. Dall'esame della normativa vigente emerge dunque che l'obbligo di preventiva autorizzazione e' stato introdotto con legge e non semplicemente con un atto amministrativo e quindi ne consegue che: l'USSL ha correttamente applicato la normativa di legge vigente e vincolante per la pubblica amministrazione; la tesi della ricorrente, secondo cui il diritto alla vita rappresenta un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, consente di radicare la competenza dell'autorita' giudiziaria ordinaria e consente al giudice di disapplicare un atto amministrativo illegittimo, ma non gli conferisce alcun potere di intervenire su una legge; d'altra parte le sentenze citate dalla ricorrente si riferiscono a casi in cui si trattava di disapplicare un atto amministrativo, mentre quando la violazione del diritto alla salute e' stata introdotta con legge, ha dovuto intervenire la Corte costituzionale. Ritiene questo giudice che la normativa richiamata - secondo cui il rimborso delle prestazioni sanitarie erogate in forma indiretta da strutture private debba essere necessariamente autorizzato in via preventiva, senza prevedere eccezioni di sorta - sia illegittima per violazione di norme costituzionali; la decisione sulla questione di legittimita' e' rilevante, essendo determinante ai fini della decisione, da essa dipendendo l'accoglimento od il rigetto del ricorso. Il precetto legislativo che prevede la necessarieta' della autorizzazione preventiva per il rimborso di prestazioni sanitarie indirette, risultante dal combinato disposto dell'art. 3, legge 23 ottobre 1985, n. 595 e del punto 8.6 dell'allegato I alla legge regionale 23 aprile 1990 n. 37, e', a parere di questo giudice, costituzionalmente illegittimo sotto i seguenti profili: Violazione dell'art. 3 Cost.: la normativa introduce un'ingiustificata disparita' di trattamento tra cittadini che si trovano in un imminente pericolo di vita, non eliminabile presso le strutture pubbliche, e soggetti che necessitano di una prestazione sanitaria non urgente; per i primi infatti, pur sussistendo gli altri requisiti di legge, non e' possibile ottenere il rimborso delle spese mediche sostenute presso cliniche private in quanto i tempi di richiesta e di concessione della preventiva autorizzazione (da parte della p.a.) sono ovviamente incompatibili con l'estrema urgenza di provvedere, mentre per i secondi vi e' tutto il tempo di eperire la procedura amministrativa preventiva e di ottenere pertanto il rimborso delle spese. Non e' chi non veda una ingiustificata disparita' di trattamento fra i due casi enunciati di cittadini che, per impossibilita' da parte delle strutture pubbliche, devono rivolgersi a cliniche private per la cura delle proprie patologie; la disparita' e' tanto piu' ingiustificata ed odiosa in quanto il trattamento deteriore e' riservato a quei casi che invece, per la serieta' e gravita' dell'infermita', sarebbero meritevoli di una maggiore tutela e presuppongono generalmente un esborso economico maggiore. Violazione degli artt. 2 e 32 della Cost.: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettivita', e garantisce cure gratuite agli indigenti. La normativa sulla preventiva autorizzazione obbligatoria viola i precetti costituzionali suddetti in quanto non permette, in casi di necessita' ed urgenza eccezionali, di addivenire ad una tutela della salute da parte dello Stato, giacche' in questi casi il cittadino, in caso di impossibilita' delle strutture pubbliche a provvedere efficacemente, e' sfornito di alcuna tutela ed il diritto alla salute e' lasciato "in balia" dei propri mezzi. Particolare gravita' assume poi il caso del cittadino indigente, che non possiede i mezzi economici per ottenere la prestazione indiretta e che tuttavia, per l'assoluta urgenza dell'intervento sanitario, si trovi nell'impossibilita' di richiedere ed ottenere la preventiva autorizzazione: in questo caso la violazione del diritto alla salute ed alla vita e' evidente in quanto il soggetto si troverebbe nell'impossibilita' di curarsi tempestivamente, potendone derivare nei casi piu' gravi anche la morte. Ne deriva inoltre una disparita' di trattamento con i cittadini piu' abbienti che potrebbero comunque far fronte alla spesa sanitaria in caso di mancato rimborso da parte dello Stato. Per tutti i motivi suesposti e per gli altri che la Corte vorra' eventualmente ravvisare, considerata anche la rilevanza ai fini della presente causa.